Dialogo con la luna (2018-2022)
Dialogo con la luna
una monografia o una poesia dedicata a Lei?
(dal testo di Gabriella Pepe - Storico e Critico d’Arte)
Direi che è, soprattutto, espressione dell’eloquenza silenziosa dell’artista Aldo Pepe. Uso un ossimoro perché la sua forza non sono le parole ma la simmetria delle forme, l’accordo dei colori, l’alternanza dei vuoti e dei volumi, i giochi prospettici necessari per dar sfogo a ideali e sentimenti e per appagare il desiderio di celebrare la Natura. Come le note di una dolce melodia i pannelli presentano un figurativo ampio, raffinato e complesso che sollecita la mente, apre il cuore, pone domande. Il punto interrogativo iniziale e i due successivi sono utili accorgimenti per definire una situazione di disagio, di gravità, di ansia, di dolore e infine di pacato ottimismo. Un segnale grafico ripetuto e appropriato per tracciare la narrazione negli aspetti salienti così come i trittici che fanno da utile raccordo alle sequenze: “Il volto della Luna”, “Riprendiamoci la Luna”, “Richiamo alla Luna” e “Cullati dalla Luna”.
L’Artista inizia così il colloquio antico con l’astro d’argento di cui si fa interprete la donna della macro sequenza “Dillo alla luna” che riempie il primo dipinto, arricchito e impreziosito dalla indovinata gradazione dei grigi.
Dico riempie perché sembra di captare nell’aria notturna la folla di parole intrise di pathos e di speranza che rivolge alla luna. Spettatrice silente della vita, graziosa, nebulosa, diafana, tremula nella pienezza del giallo solare, emergente sul grigio sabbioso, la luna sembra divertirsi a guardare il mondo e la corsa affannata di chi cerca la felicità inseguendo false chimere. Eterna testimone delle sofferenze umane, scrigno dei sogni, luce sugli errori, camminando lentamente nel cielo, si veste dei suoi azzurri mentre sollecita il flusso dei ricordi generando nell’uomo l’illusione di essergli amica e fonte di conforto.
Colloquio accorato che si trasforma in una preghiera, riflesso dell’esigenza spirituale dell’Artista di “farsi natura” ovvero di entrare in simbiosi con Lei e la Natura assumendo sembianze floreali (“Preghiera alla Luna”). Trionfa la poesia del colore, del candore, del movimento allungato, incrociato che agita l’aria sprigionando sensazioni profonde e contrastanti per far comprendere quanto sia difficile rendere universale anche una semplice preghiera.
Solitudine e silenzio accompagnano la comunicazione, un silenzio che sembra interrotto dal fruscio del vento fra gli steli dei fiori che timidamente spuntano dal terreno per allungarsi a baciare l’astro.
E’ una fioritura primaverile sonora raffigurata con tocchi delicati, lattiginosi, limpidi, trasparenti, aurei per accentuare la magia fra cielo e terra.
Le immagini si susseguono simili a orme che ricalcano la vita del cuore accompagnate da un forte sentimento dell’esistere. La loro posizione e distribuzione, la scala cromatica che oscilla dai grigi al giallo, dalla varietà degli azzurri al bianco di madreperla, imprimono sulle tele il movimento lunare per celebrare un rito eterno e prezioso.
Sorgere, tramontare, rotolare, cogliere la luna come fa il fanciullo sperando di riappropriarsi della purezza, dell’audacia e dell’ottimismo della giovinezza sono le tappe di un destino che non potrà annullare valori e dignità.
Il tempo nel suo divenire fa la sua parte, diventa prezioso alleato, compagno fedele che incessantemente pungola l’Artista viandante per realizzare nuove soluzioni e aspirazioni. Le lancette bloccate dell’orologio sospeso nell’aria del trittico “Lo sguardo del Tempo” sono il tentativo di rivivere l’attimo e il passato.
La finestrella rischiarata fra le sagome delle case crea un gioco fotografico di effetto per far bagnare l’occhio del visitatore nell’azzurro violetto del mare, nel luccichio abbagliante della sequenza “Richiamo alla Luna”.
Si evince la notevole destrezza di Pepe nel segmentare verticalmente la prospettiva per tracciare il percorso frenetico in avanti, all’indietro, in su di chi angosciato si tuffa nel mare e poi ne esce. Delirante avanza verso l’ignoto con vigorose bracciate che fendono le onde spumose.
I corpi contratti nel movimento della nuotata esprimono la grande perizia dell’Artista nel farsi interprete dei sentimenti.
Placare il tumulto del cuore per fuggire da una tragedia, andare dove? Ritornare a casa perché?
Aggrapparsi allo scoglio di fronte a una realtà ancora instabile, dolorosa, incerta? Ansie profonde messe a nudo dal forte contrasto della tonalità terra bruciata dello scoglio su cui è distesa la donna e del candore atmosferico di “Illuminata dalla luna”. Riflesso di una tempesta interiore che oscilla fra un senso di abbandono, di trepida attesa, di pacato ottimismo.
La Luna presente/ assente che filtra dalla grande finestra, flash suggestivo sulla sequenza finale.
L’ululato di un lupo nella notte che trascolora nella luce dell’alba di “Nel cielo limpido schiarì” rompe il silenzio preannunciando un incontro che risalta sulla densità dei grigi: La Luna e l’Artista si uniscono nella consapevolezza di esserci.
E’ un solenne richiamo alla vita, è meraviglia: la navicella del trittico “Contemplazione”, che sembra sconfinare nell’infinitamente grande, in una vastità spaziale sospesa fra la volta celeste, l’immensità del mare e l’estensione delle montagne, è la risposta a tanti quesiti perché alla fine raggiunge il porto sicuro preparando l’Uomo all’abbraccio lunare.
L’aria si scuote: il bianco cavallino dalle curve aggraziate bruscamente rapisce la Custode dei sogni non del tutto fugati dell’infanzia lontana. L’energia stilistica e l’animazione de “La cavalcata” si placano in “Cullati dalla luna”: Essa sfolgorante nella sua luce d’avorio, curvandosi dolcemente nel cielo verde petrolio, effonde tenerezza, sembra assumere le sembianze materne per diffondere la sua cantilena.
Non è più lontana e indifferente ma è vicina all’uomo sussurrando al suo cuore amore e speranza.
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i Trittici i Racconti Pittorici di Aldo Pepe (2019 - 2021)
i Trittici i Racconti Pittorici di Aldo Pepe (2019 - 2021)
(dal testo “Preghiera alla luna” di Anna D’Ascoli - Presidente e Direttore Artistico dell’Associazione culturale Con gli Amici nell’Arte)
Preghiera alla luna prende forma, nel prosieguo del Progetto in Progress di Aldo Pepe, con la realizzazione di un Trittico dedicato all'astro lucente.
La scrittura pittorica è quella cara all'Artista: una poesia muta, un flusso di pensieri, un'urgenza che prende forma e colore e guida la mano a diventare immagine e poi opera il Trittico.
L'opera affonda nella realtà dominante, nelle comuni esperienze delineate dal quotidiano ripetersi di atti e comportamenti e ne riemerge con la consapevolezza di una differente percezione. Richiama in superficie profondità disattese, recupera memoria di ricordi e riconsegna, ancora una volta, la domanda sul senso della vita e della sua precarietà.
La narrazione affiora in immagini che prendono forma eterea di steli delicati, corpi filiformi, quasi braccia, quasi mani protese al cielo notturno per liberare all'ascolto dell'astro lucente fragilità e paure, rabbia e dolore. Il silenzio che accompagna questa cantilena che riceve come unico assenso il rimando dell'argentea luce è il conforto necessario che apre a una nuova coscienza.
È un Cantico alla luna
Nel corso del 2020, a seguito della Pandemia, questa rappresentazione implode ed esplode verso una connotazione più ampia.
Il Cantico diventa una vera e propria Preghiera che preme, urge, implora. Invade lo spazio e riempie altre piccole tele giungendo all'elaborazione di cinque Trittici. È una sequenza che sale nella dimensione del dolore e scende nella forza della speranza. I Trittici si susseguono in senso verticale seguendo un andamento ascendente e discendente dove la Preghiera più buia è posta in alto e la speranza più luminosa in basso.
Preghiera alla luna richiede una propria autonomia e si inserisce nell'installazione originaria del Progetto in Progress di Aldo Pepe "il libro della Pittura" diventando a sua volta installazione.
La genesi dell'undicesimo capitolo assume una valenza esclusiva, unica, che non ritroveremo più nel successivo lavoro.
La presa del tempo (2018-2019)
ALDO PEPE in LA PRESA DEL TEMPO | ARCORE (MB) ottobre 2018
(dal testo di Gabriella Pepe - Storico e Critico d’Arte)
“Ogni bambino che nasce è in qualche misura un genio, così come un genio resta in qualche modo un bambino” (Arthur Schopenhauer)
Inizio con Schopenhauer perché il suo aforisma rafforza il pensiero di Aldo Pepe espresso ne “La presa del tempo”. Un discorso pittorico non limitato al solo Trittico, ma più ampio in quanto esteso alle tele che si susseguono nella sala.
É un vero e proprio bing bang artistico che desta stupore per l’intrigante gradazione delle cromie accostate con maestria per dare risalto a un labirinto di immagini e forme che nascono e si dispiegano seguendo un andamento circolare e coinvolgente. É la vita in perenne corsa con il Tempo e contro il Tempo nel tentativo di bloccare situazioni importanti per la coscienza e per la memoria.
É un susseguirsi di pagine che narrano un viaggio seducente, universale, in cui si mescolano sentimenti, spiritualità, indagine introspettiva al fine di accentuare l’illusione di poter cogliere l’infinito. Eterna dicotomia fra determinato e indeterminato evidenziata già in altre opere. Un’atmosfera ovattata... Gli orologi impazziti orbitano nello spazio, sembrano riuniti a convegno nella parte centrale del trittico, mentre il fantino, in preda a una eccitazione smaniosa, rischiando di essere disarcionato, cerca di fermare la frenesia delle lancette, tenta di frenare il cavallo - tempo che imponente domina la scena, spietato, indifferente al dramma dell’uomo. Il cavallo nero, ornato da una frangia aurea simile a una sofisticata acconciatura, lancia la sua sfida con lo sguardo, non sente il richiamo, ma continua ad avanzare spietato in uno spazio luminescente, diamantino, irradiato dalla presenza delle stelle, eterne come la luna nel loro moto, indicatrici silenziose della via verso l’eternità.
Il bianco, il beige con l’oro e il nero fanno risaltare il fantino, simile a un naufrago in balia del mare, di una forte corrente incapace di contrastare.
Figura sospesa nel tempo e nello spazio, reso simile a un velo di madreperla dispiegato sulle tele, con la sua azione inconsueta cerca di afferrare il tempo perduto, non coscientemente vissuto, ribellandosi all’oblio, espressione di una dimensione occulta.
Il suo gesto è indicativo perché diventa un invito a guardarsi intorno e indietro per cogliere l’attimo dell’incontro, dell’innamoramento, in cui tutto navigava in un’atmosfera azzurra e celestiale, aperta alla felicità.
Ed ecco s’impongono alla vista le tele di “Primi sguardi”, incrocio di immagini e tonalità raffinate e delicate nell’accostamento degli azzurri e del giallo aranciato del sole, in relazione ai grigi e ai gialli che definiscono il volto e le fasi della luna.
Una superficie lunare segnata da ghirigori, riflesso delle speranze e dei desideri vani e inconsistenti degli uomini. Vagheggiamento della loro fantasia persa a inseguire sogni proibiti. Sogni che sembrano trasformarsi acquisendo sembianze umane, voce ed espressione delle illusioni terrene. Una luna che ci fa per un attimo ricordare il paladino Orlando quando va alla ricerca dell’intelletto perduto.
Questi pannelli creano un elegante palcoscenico su cui si incontrano e irradiano colori limpidi, vivaci, intensi, arabeschi di note che rinnovano il mito dell’infanzia, della giovinezza, simboleggiate dai puledri dallo sguardo innocente, corrucciato, curioso, affettuoso come quello di un bambino che si affaccia nel mondo.
Essi si studiano, si incontrano, si accettano, incantati dal mistero dell’Universo.
Ogni dipinto rinnova il cammino della vita, il susseguirsi delle stagioni in un ciclo eterno, affascinante, travolgente. Diventa brillante scrittura di una pagina su cui l’artista Aldo pepe ha impresso la sua firma trasmettendo emozioni e sensibilità. Egli, infatti, come in altre occasioni, è riuscito a captare la magia del tempo, portatore di gioie e inquietudini, a esprimere con sottile acume il segreto più profondo dell’esistenza, a cercare di decodificare il linguaggio di un racconto indecifrabile scandito dall’orologio.
Le tonalità delle varianti azzurre e del giallo aranciato dei quadri che fanno da cornice a La presa del tempo sono forse una nuova apertura dell’Artista ai colori vivaci, espressivi, diversi dalle tinte intermedie dei trittici finora eseguiti? Certo è che propongono un discorso figurativo più intenso e straordinario, voce interiore di chi è consapevole delle bellezze della natura, dell’importanza del sentimento e dei ricordi.
Segnano una tappa rilevante della vita in cui il viaggio all’indietro diventa il recupero dell’infanzia e la riscoperta della purezza...
Concludo ricordando Pablo Picasso:
“Tutti bambini sono degli artisti nati; il difficile sta nel fatto di restarlo da grandi”
La maschera dismessa (2011-2015)
Una volta dismessa la maschera siamo veramente liberi?
(dal testo di Anna D’Ascoli - Presidente e Direttore Artistico dell’Associazione culturale Con gli Amici nell’Arte)
Aldo Pepe non si pone la domanda in quanto tale, la prevarica, indifferente a una risposta relativa rispetto alle infinite soluzioni. La maschera è la proiezione dell’io nella complessità di un quotidiano diversificato dagli eventi e dal tempo. L’Artista percepisce che dismettere la maschera può condurre alla follia, alla perdita d’identità. L’anelito imperante a una coerenza totale con il proprio io impone l’accettazione di una disarmante nudità, quasi impossibile da realizzarsi.
L’Artista coglie il dualismo sofferto delle interfacce e trasferisce sulla tela le sensazioni profonde che il suo animo interseca senza tuttavia influenzare ed influenzarsi con interrogativi sterili.
Le tele rappresentano un percorso attraverso il quale ognuno può riconoscersi senza identificazione.
Le proiezioni degli infiniti io risaltano nei colori indefiniti, nei grigi studiati per meglio esprimere la prorompente ricerca artistica fra il sentire e l’essere.
Le attese (2009-2011)
E’ l’Attesa la costante metrica della nostra vita?
(dal testo di di: Anna D'Ascoli Presidente Direttore ecc. - Storico e Critico d’Arte)
Ancora una volta la domanda non è posta in quanto tale ma è sottesa alla realizzazione finale delle opere create per questo ciclo del tempo futuro che chiude il Progetto iniziato tra il 2007 e il 2008.
I sette dipinti realizzati nel 2009 ad eccezione dell’ultimo che terminerà nel 2011 lasciano, come sempre nella pittura dell’Artista, una porta, una finestra aperta nello spazio interiore di ciascuno.
La domanda, quindi, scaturisce spontanea durante l’esplorazione visiva delle opere così come si è fatta strada nel pensiero di Aldo durante l’esecuzione pittorica delle stesse.
Di certo in considerazione della peculiarità lavorativa del Pittore che usa un figurativo molto personale ed estremamente essenziale a pretesto dell’uso del colore cui dedica uno studio continuo sperimentando abbinamenti e impasti; il colore non è mai quello che esce dal tubetto.
Invero le opere di questo ciclo sono tutte permeate dai toni grigi che assumono sfumature diverse a seconda dell’impasto usato e che a sua volta va a creare una diversa emozione nel giallo posto quasi a rilievo.
Sicuramente ci arriva infinita la percezione intima dell’Artista perennemente sospesa nel divenire, quel lirismo malinconico che ripone nella sospensione immaginata delle cose a venire tutta la possibilità di un futuro migliore.
E il giallo che come tutti i colori di base ha un duplice simbolismo è il colore che riempie “lo spazio vuoto dell’attesa”. (Anna D’Ascoli)
L'Urlo (2009)
L’Urlo / 2009
(dal testo di Anna D’Ascoli - Presidente e Direttore Artistico dell’Associazione culturale Con gli Amici nell’Arte)
URLO - PERCHÈ?
Il Progetto Pittorico di Aldo Pepe “The Project of the time” si fa pensiero alla fine del 2007 dopo la mostra personale dal titolo PAESAGGI INTERIORI allestita nelle sale nobili di Villa Tittoni Traversi Lampugnani a Desio (MB).
E’ l’inizio di un percorso che negli anni 2008-2009 articolerà una svolta alla produzione pittorica dell’Artista. Si delinea la modalità del lavoro a cicli pittorici e il tempo, la cui comprensione non finirà mai di caricarsi di molteplici significati, è ispirazione ideale. Passato - Presente - Futuro - saranno l’andamento pittorico narrativo del lavoro di questi anni.
Il primo ciclo pittorico “Le lancette del tempo” identifica al meglio il pensiero dell’Artista in quanto rappresenta il passato come tempo della memoria. E la memoria è coscienza che passa soprattutto attraverso l’immagine del ricordo.
Nella dimensione dell’arte indubbiamente l’Artista cammina nel suo tempo ma l’elaborazione del suo tempo storico non è necessariamente “rappresentazione” di quanto accade bensì elaborazione interiore come consapevolezza che ciò che accade è già accaduto e come coscienza che dovrebbe trovare risposte.
Il secondo ciclo pittorico “L’Urlo” interpreta questa consapevolezza nella dimensione del tempo presente.
Il presente, quindi, nella sua peculiarità di passaggio fulmineo di eventi e azioni che non riusciamo a fermare nell’immediato, non ha altra immedesimazione se non quella di emozioni brevi destinate a lasciare “l’oggi” per diventare subito “ieri” e poi “ieri l’altro” e infine passato remoto. Da rispolverare nell’immagine di un ricordo depositato nella memoria.
Il presente si identifica dunque come un tempo che passa veloce per coloro che sono immersi in una felice realtà. Di contro, esso, nel suo battito di ciglia, si pone come tempo infinito e pesante nella dolorosa sopportazione di quanti hanno come possibilità di sopravvivenza la sola aspettativa di un domani migliore.
Il presente è il tempo dell’Urlo.
E’ il tempo presente del giorno che urla la sua rabbia, il suo dolore, la sua paura, la sua rassegnazione, la sua compassione, il suo disgusto, la sua felicità, la sua allegria.
Il presente è l’esplosione del nostro urlo quotidiano, tremendo, animale, liberatorio.
L’Urlo di Aldo Pepe è la dimensione più profonda della nostra presenza nel nostro tempo Una dimensione che coglie dall’interno la dinamica della realtà storica in cui viviamo. Una realtà che poco si discosta dai “Passi” trascinati lungo la storia dell’umanità.
In questo ciclo l’Artista va oltre la domanda. Sale un bisogno di richiesta. Un interrogativo che attende secolare risposta.
PERCHÈ?
Paesaggi interiori colore e figure di Aldo Pepe (2005 - 2007)
Paesaggi interiori colore e figure di Aldo Pepe (2005 - 2007)
(dal testo critico “In punta di piedi nel mondo della pittura” di Elisabetta Parente storico dell’arte)
Per Aldo Pepe la pittura è un atto serio, personale, profondamente privato. La sua pratica lavorativa richiama alla mente la prassi dell'antico mestiere dell'artista, un mestiere che prima di cercare il dialogo con lo spettatore o l'applauso del pubblico, obbliga l'uomo a confrontarsi con un'idea, per mettersi poi alla prova davanti alla tela nuda ed esigente.
In questo silenzio, che non è solitudine, ma ricerca intima di sé e dell'altro, nascono le opere di Aldo che, in tempi recenti, ha voluto "andare oltre", titolo della prima opera in mostra, rispetto al linguaggio che ha contraddistinto la sua produzione precedente. Uno stile rivolto all'essenziale, senza sbavature, elaborando figure dal contorni netti ma sottili, contorni che scaturiscono dall'incontro dei colori. E' li colore l'elemento predominante in queste opere: brillante o acido, in combinazioni molto ricercate che di volta in volta rendono nuova ogni singola tonalità.
Tanto le figure, quanto i colori cercano spesso li dialogo con l'ombra, sfuggendo a essa con l'energia del movimento in opere come "La sfida", oppure creando un intrigante gioco di rispondenze in "Penombra", dove una donna si sdoppia nello spazio dilatato. A rendere più compiuta questa svolta stilistica concorre senza dubbio la scelta del punto di vista. In maniera analoga a quanto fece Degas con le sue donne davanti alo specchio, questo pittore ci fa entrare in punta di piedi nel mondo delle sue creature e un gesto semplice, quotidiano, come quello di allacciarsi una piccola scarpa, si carica d'atmosfera sospesa. La ballerina non ha ancora avvertitola vostra presenza, ma voi siete già entrati nel suo mondo interiore. Come presenze silenziose, ma fondamentali, Aldo Pepe vi obbliga a scrutare dall'alto sedie vuote in attesa...Di che cosa, sarà la vostra sensibilità a deciderlo.
“Metamorfosi” (1995-2000)
“Metamorfosi” (1995-2000)
(dal testo Riflessioni sul ciclo della “metamorfosi" di Enzo Dall'Ara -giornalista - critico d’arte)
“... Ad uno sguardo attento, non può non sfuggire quella proiezione all’ascesa spirituale, al sogno surreale e alla mutabilità idealizzata che si configura come cifra portante del volo libero dell’immaginario..."
“...Ritengo, invero con certezza, che in Lei viva un vibrante fermento all’evasione da una realtà costrittiva, omologante, invasiva, nemica del Suo intimo afflato lirico. . .”
“...primaria e fondante emanazione di un'esigenza di ricostruzione pittorica tesa a superare, con intima sensibilità, alcuni eccessi e stravaganze dell'arte contemporanea, un'arte talora fragile, pretestuosa e, speriamo, pertanto, transeunte. La sua denuncia artistica ammonisce, quindi, inequivocabilmente dell'eterna fragilità della vita, ancor più avvertita in un contesto epocale, quale il nostro, i cui valori poggiano prevalentemente su sovrastrutture mentali a fondamenta assai precarie...”
Ecco allora emergere la Sua esigenza di esprimersi con un simbolo, la farfalla, che evoca il dualismo esistenziale in ogni sua apparenza e in ogni sua sostanza, ossia quello che contrappone come condanna umana, bellezza e fragilità...”
“Coscienza” il lirismo pittorico di Aldo Pepe (1970- 1980)
“Coscienza” il lirismo pittorico di Aldo Pepe (1970- 1980)
(dal testo critico “Riflessioni sulla pittura di Aldo Pepe” di Antonio Uliano - storico dell’arte)
Mi sembra che, nel suo operare di piani e forme, quest’uomo, così verbalmente avaro, scateni forza dialettica per argomenti separati nella sfaccettatura, ma unificati nella sostanza. Al punto che, vuoi per immaginazione architettata, vuoi per proiezione fantastica, vuoi per sapere calarsi a fondo nelle latebre dell’amaro, vuoi, infine, per ricondursi a considerazioni che non restano individuali e solitarie ma ti si attaccano alla pelle e scuotono con la tavolozza ... ti ritrovi di fronte a un ordito che non concede alla visura, né all’interpretazione, distrazioni o tanto meno passaggi di spezzatura.
E tuttavia questo è solo l’aspetto diaframmatico.
Oltrepassato il quale, chi guarda viaggia, come responsabile attore degli episodi prospettati e proposti, attraverso i piani cromatici, i volumi, gli stessi toni, che trasportano ad autentiche sollecitazioni intime all’autocritica sulla gestione del valore-base di libertà. ...”